Un sentiero affascinante, sospeso e quasi dimenticato dirimpetto ai giganti ernici di Prato di Campoli. Bastano pochi minuti per essere rapiti dal silenzio del bosco ancora insonnolito, e poi ecco il giaciglio di un capriolo proprio sul percorso. Il cammino si fa irto verso il Passo del Melancoro e i nostri piedi iniziano ben presto a rincorrere il ritmo del respiro sempre più serrato, che si affanna verso la luce tra gli alberi di cresta. Fogliame bagnato, neve ghiacciata, orme di un solitario cinghiale mattutino ci accompagnano finalmente al Passo. Al cospetto dei grandi faggi si avverte la sensazione di trovarsi in un luogo di incontro tra vie che unendosi percorreranno la nostra stessa strada, il sentiero della Costa Comune. Uomini e animali nel corso del tempo hanno lasciato i loro segni sugli alberi, sulle rocce e sul terreno, a testimoniarne l'attraversamento sperato. Da qui in poi proprio le rocce diventano protagoniste assumendo forme aspre, regolari, dominanti, che ci accolgono e offrono un palco privilegiato dal quale ammirare gran parte delle vette dei monti Ernici, le Mainarde, la Majella, la Serra Lunga e diverse vette del Parco Nazionale di Abruzzo Lazio e Molise. Si lasciano accarezzare queste stratificazioni rocciose e in loro ritroviamo il tepore che avevamo dimenticato sul ghiaccio della salita; dalle loro fessure fanno capolino delicati grappoli gialli di Draba aizoides. Una piacevole e ondulata brezza ci fa compagnia sulla cresta fino alla Cima d'Erba e al cippo di confine di Serra Comune, dove raggiungiamo il punto più alto dell'uscita (1862 m). Ad attenderci un gruppetto di coccinelle che si crogiolano al sole di questa fortunata mattina di montagna. Sorvegliati dall'autoritario profilo di Pizzo Deta ci avviamo a scendere verso il Vado della Rocca, affondando nella neve fradicia di mezzogiorno, ma non siamo i soli: sul bianco c'è la firma del signore della Costa Comune, la zampata del lupo. Altri cippi di una frontiera che fu ci segnalano la via fino al Vado della Rocca, antica dogana di quel confine ormai dimenticato. Nella faggeta la competizione è serrata, con i giovani che si affrettano a vestirsi per approfittare del tergiversare dei grandi, mentre tassi e agrifogli assistono indifferenti. Si arriva dolcemente di nuovo al Prato, tra cavalli al pascolo e persone che si rilassano oziando a terra o passeggiando senza meta. Noi la nostra l'abbiamo raggiunta: abbiamo percepito la vita della montagna, lo scorrere naturale della sua trama semplice e stupenda.
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